La bonifiche

«Il bonificamento di tale lago, che ha il suo fondo al dissotto del livello del mare, fu argomento di studi per molti idraulici, fra quali annoveransi lo Ximenes, iÎ Boscovich ed il Perelli; ed ora l'ing. cav. Lorenzo Nottolini facendo tesoro dei loro studi, formulò un progetto per colmarlo colle torbide del Serchio, deviato nel suo ultimo tronco. Esiste pure in quella provincia il piccolo stagno di Montranito che non supera i tre ettari di superficie
Sulle bonificazioni delle risaie del Regno d'Italia, Raffaele Pareto, 1865

In passato la pianura costiera tra la foce del Magra e quella dell'Arno era un continuo susseguirsi di stagni, di acquitrini, di paludi. A nord di Pietrasanta, tra Seravezza e Massa, si estendeva il lago di Porta; più a sud il lago di Massaciuccoli la cui superficie era assai superiore all'attuale. Occupava infatti un'ampia area affiancata da estese zone paludose che nel tempo l'uomo ha sempre cercato di rendere coltivabili e abitabili. Già nell'VIII secolo a.C. limitate e locali opere di bonifica del terreno erano state condotte a termine dalle popolazioni etrusche, secondo una loro usanza di realizzare, dove possibile, interventi di ingegneria idraulica per migliorare la fertilità dei terreni e le condizioni ambientali.

Come nel caso del villaggio etrusco di San Rocchino, a confine tra i comuni di Massarosa e Viareggio, dove in un'area acquitrinosa, bonificata con un riempimento di legname e fascine, era sorto un modesto insediamento costituito di capanne in materiale deperibile, di forma rettangolare e con il pavimento in argilla. Si trattava di uno scalo marittimo aperto ai traffici di merci e prodotti lungo le coste tirreniche, che ebbe il suo momento di maggiore attività nel VI secolo a.C., poi abbandonato venne in parte distrutto da un incendio intorno al II secolo a.C. riconducibile alla lunga guerra tra romani e liguri per il controllo del territorio.


Villaggio etrusco di San Rocchino. A terra sono visibili i pali sui quali insisteva l'area edificata

Le prime notizie di importanti e vaste opere di bonifica dell'intero territorio risalgono all'epoca romana, attribuite a un certo L. Papirio, da alcuni identificato in un funzionario della Roma imperiale che svolgeva cariche pubbliche a Lucca e Pisa, da cui il nome di Fosse Papiriane a designare il luogo di quelle prime opere idrauliche, costituite da un reticolo di fosse condotte dalla palude al mare per il deflusso delle acque piovane e di quelle stagnanti, impedite di un normale scorrere dalla depressione dei terreni e dai cumuli di sabbia, dune e tomboli, generati nel tempo dal continuo depositarsi sulla spiaggia di materiali portati dalle onde. Servivano, tra i diversi motivi che ne avevano guidato la costituzione, anche alla manutenzione delle vie romane presenti sul territorio, essenziali ai commerci e agli spostamenti di truppe ed eserciti che qui transitavano verso Luni e le zone nord-occidentali della penisola.

Segnate in un antico documento, una copia medievale di una antica cartina geografica di epoca romana poi rinominata Tavola di Peutinger, oggi conservata nella Biblioteca Nazionale di Vienna e costituita da un rotolo di pergamena, lungo 6,80 m e alto 34 cm, suddiviso in undici segmenti. Indicavano in questo toponimo una stazione di sosta lungo la via Aemilia Scauri, stazione fino a ieri quasi unanimemente collocata nelle campagne di Massaciuccoli, anche se oggi prendono vita ipotesi che collocano il percorso di questa stessa via romana, e le relative stazioni di posta, in aree più vicine al litorale costiero.


Rappresentazione della Toscana nord-occidentale nella Tavola di Peutinger. Al centro Luca (Lucca), più in basso Pisis (Pisa) e a fianco l'indicazione delle Fosse Papiriane. Quindi Taberna frigida (Massa) e Lune (Luni)

Con la decadenza dell'impero romano e il susseguirsi delle invasioni barbariche - seguendo in questo una più generale ed estesa tendenza che vedeva l'abbandono e l'incuria di tutte quelle strutture civili e urbane che la civiltà romana avevano edificato - anche nella nostra zona quelle precedenti opere di bonifica vennero abbandonate con il seguente ritorno di quei terreni a un insano e inabitabile acquitrino, generando una sorta di emigrazione delle popolazioni verso insediamenti collinari, considerati più salubri e sicuri.

È a partire dal XV secolo che vengono intrapresi nuovi tentativi di bonifica, attuati in vari progetti spesso di scarso esito se confrontati ai risultati che avrebbero dovuto sortire. Dopo la perdita avvenuta agli inizi del XVI secolo del porto di Motrone, situato in prossimità della foce dell'antico fiume Sala ad alcuni chilometri dalla cittadina di Pietrasanta, poi abbandonato e interratosi, la Repubblica di Lucca era impegnata nella costruzione di un vicino scalo marittimo, funzionale ai propri commerci, che gli evitasse l'obbligo di pagare dazi e gabelle, dogane e balzelli a quello pisano. A questo scopo aveva già da tempo, fin dalla metà del XV secolo, identificato in quello di Viareggio il porto adeguato ai propri traffici e commerci. Per facilitare la sua realizzazione si era impegnata in una serie di progetti per bonificare la spiaggia viareggina e l'intero entroterra che dai piedi del monte Quiesa arrivava alla costa versiliese. Nel 1488 viene costituita una società, la Maona, un'associazione di cittadini incaricata di procedere a tutti quegli interventi ritenuti necessari all'attuazione dell'opera di bonifica.


Da una mappa delle marine lucchesi, 1756. Si nota che il reticolo dei canali nella zona palustre è rimasto inalterato fino alle trasformazioni dovute alle attività estrattive di torba e sabbia del XIX e XX secolo.

Nel 1565 è prete Piero Della Lena, ingegnere agrimensore nativo di Bagni di Lucca, che dietro incarico conferitogli dal Consiglio Generale della Repubblica aveva ideato la costruzione di un canale artificiale che raccolte attraverso una rete di fosse secondarie le acque provenienti dalle colline tra Quiesa e Montramito le indirizzasse poi verso il mare aperto attraverso la fossa Selice e quindi il canale Burlamacca. Alcuni anni dopo, nel 1577, a seguito e conferma delle difficoltà di attuazione del precedente progetto, e sempre nell'indirizzo di migliorare lo stato di quei terreni fu dato mandato dal governo lucchese, in accordo con i proprietari terreni, all'ingegnere Guglielmo Raet, come leggiamo nei resoconti degli Annali redatti dallo stesso Offizio della Maona:

«La bonificazione di Prete Piero era in conclusione riuscita in vano, e forse il lavoro non era nemmeno stato condotto a perfezione, quand'ecco presentarsi un altro partito. Era comparso in Lucca nel 1577 Guglielmo Raet, "nativo di Bolduc in Brabante, Architetto et Ingegnero del Duca di Brunsvich", il quale offeriva di asciugare e ridurre a coltivazione i paduli lucchesi, tanto quelli di Sesto quanto gli altri della Marina, usando modi del tutto sconosciuti ne' nostri paesi, e si diceva pronto ad eseguire il lavoro mediante premio, d'accordo colla Repubblica e co' proprietari


Lago di Massaciuccoli, una zattera con una gru nella bonifica di fossi e terreni intorno al lago, 1934

I lavori cominciano e felicemente procedono quando: «Era anzi in via d'esecuzione il disegno di lui, sotto la vigilanza d'un Offizio, che si può considerare come una prosecuzione della Maona, e per comando pubblico, colle braccia de' contadini comandati, si andavano alzando argini e scavando fosse; quando sopraggiunsero lagnanze del Granduca Francesco, contro il modo e la qualità de' lavori, e specialmente perché fosse stata chiusa la Burlamacca, principalissimo emissario del Lago di Massaciuccoli.» In breve i lavori che s'apparavano a migliorare le condizioni della campagna lucchese intorno al lago producevano squilibri nell'assetto territoriale a sud di quelle acque, nella zona pisana, tanto che il governo del Granducato, alla cui giurisdizione appartenevano quelle terre, s'adoperò per arrestare l'esecuzione dell'iniziale progetto.

Si continuò così per alcuni anni, in più modesti interventi attuati in limitate zone fra la Burlamacca e le colline. Questi nuovi procedimenti, incentrati su una nuova distribuzione della rete di fossi e canali, derivati da analoghe esperienze nord-europee, sortirono però a modesti risultati, capaci comunque di alimentare un certo incremento demografico del luogo. Altri tentativi seguirono nei secoli successivi. Di uno di questi, avvenuto sul lato pisano del lago, ci parla Emanuele Repetti nel suo Dizionario Fisico Storico della Toscana, pubblicato a fascicoli tra il 1833 e il 1846 e successivamente raccolto in un'unica pubblicazione in cinque volumi che subito ebbe grande notorietà e diffusione: «Rispetto allo stato semipalustre della pianura di questa Comunità [Vecchiano] posta tra il Serchio ed il Lago di Massaciuccoli rammenterò il metodo di Olanda inutilmente introdotto costà nel secolo XVII da un Olandese, che ebbe in mira di asciugare quel terreno col fabbricarvi de' mulini a vento, i quali riescirono inoperosi».


 Lago di Massaciuccoli - Lavori di bonifica nei terreni intorno al lago, 1934. Sono visibili le rotaie sulle quali scorrono i carrelli.

In un cartello turistico posto dall'Ente Parco nelle vicinanze del lago, al confine tra i comuni di Vecchiano e Massarosa, ho letto trattarsi di Wal di Startten che vide naufragare il suo tentativo di utilizzare la forza eolica per innalzare l'acqua ai canali di sfogo, a causa dell'incostanza della forza del vento e la qualità del terreno. In realtà esistono diversi documenti che portano nomi simili, ma mai identici, per designare e documentare la presenza e le attività di questo stesso personaggio: un ingegnere olandese che alla metà del XVII secolo acquistò una parte della palude per attuare i suoi, peraltro inefficaci, interventi di bonifica e coltivazione della zona.

Successive opere di risanamento dell'intera area vengono effettuate nel corso del XVIII secolo, affidate al matematico veneto Bernardino Zendrini che pensò come soluzione migliore quella di impedire la promiscuità dell'acqua dolce di lago con quella salsa del mare. Nel 1735 vengono progettate delle cateratte tra il lago e il porto di Viareggio che ultimate negli anni seguenti, alla confluenza in questo della fossa Burlamacca, ottennero come risultato un parziale miglioramento delle condizioni ambientali.


  Lago di Massaciuccoli. Si scava un canale, le tavole in legno servono per le carriole cariche di fango. 1934

In particolare con il drenaggio delle acque del padule, e la decisione dell'abbattimento della macchia circostante, ebbe inizio il riassestamento del porto lucchese di Viareggio, fino a quel momento un villaggio di poche case, cominciando quel processo, poi continuato nel corso del secondo decennio del XIX secolo da Lorenzo Nottolini, su incarico conferitogli da Maria Luisa di Borbone, che doveva poi condurre alla costituzione della prosperosa cittadina di epoca moderna. Nelle zone interne intorno al lago rimanevano invero vaste aree composte di paludi e acquitrini che furono successivamente oggetto di diversi progetti di bonifica, spesso combinati a interventi sia sul fiume Serchio che sul comprensorio del lago di Bièntina, attraverso il quale, poi prosciugato nel 1859, correva il confine tra Lucca e il Granducato.

Questi studi, firmati da scienziati e ingegneri idraulici quali Tommaso Perelli, Eustachio Zanotti, Leonardo Ximenes e Giovanni Attilio Arnolfini non ebbero seguito sia per le ristrettezze economiche proprie del periodo che non favorivano impegni di grande respiro, sia per contrasti di interessi fra i governi della Repubblica di Lucca e il Granducato di Toscana, i cui confini e terreni erano ugualmente interessati dai progetti. Tramontò tra questi motivi anche il “Grande Progetto” elaborato all'inizio del XIX secolo da Lorenzo Nottolini, «architetto urbanista idraulico» come è scritto in una epigrafe posta sulla parete della casa dove nacque nel 1787, a Segromigno in Piano, vicino Lucca.


  Massaciuccoli, le zone umide

Questo progetto prevedeva sia la bonifica del Lago di Sesto (conosciuto anche come Lago di Bientina) - opera che avrebbe reso necessario intervenire sulla riva del lago pisana, appartenente al Granducato di Toscana, e ugualmente sulla riva lucchese, ora sotto la giurisdizione del Ducato - sia la bonifica del lago di Massaciuccoli mediante la deviazione del corso del fiume Serchio che avrebbe dovuto sboccare in mare più a nord. L'ingresso delle sue acque nel padule di Massaciuccoli, rinforzato di nuovi e più robusti argini, con gli abbondanti depositi trascinati dal fiume e le sue acque ricche di detriti avrebbero in breve tempo, nei piani di questo progetto all'epoca quasi unanimemente condiviso, riempito e colmato la zona di Massaciuccoli. 

Alla bonifica del territorio intorno al lago, e al suo definitivo assetto, si è poi giunti nel corso del Novecento attraverso un'opera iniziata dopo la prima guerra mondiale con la costruzione di una rete di canali di scarico, di cateratte e di chiuse, che permettessero di eliminare le acque ristagnanti. Interventi sostenuti inizialmente da proprietari privati, tra i quali il conte Minutoli, l’ingegner Pietro Studiati, il duca Salviati, poi compresi in un progetto generale promosso dal ministero dei lavori pubblici che nel 1932 portò all'inizio di una serie di lavori che riguardavano la zona della Casa Rossa e dei terreni situati tra essa e il lago con l'installazione di impianti idrovori. La disponibilità di macchine assai più potenti di quelle del passato, la razionalizzazione degli interventi, l'utilizzazione dell'energia elettrica, permettevano l'efficace realizzazione di quanto l'uomo aveva progettato e tentato, spesso inutilmente, attraverso i secoli.


Bufalina, Torre del lago, idrovore per il deflusso in mare delle acque del lago di Massaciuccoli durante le piene elevate

Nel 1931 viene istituito il Consorzio di Bonifica e cominciano i primi lavori di bonifica meccanica sulla parte lucchese del lago. Viene creata un'arginatura perimetrale  e vengono installati tre impianti idrovori che portarono al prosciugamento di alcune aree: a Portovecchio, Massarosa e Torre del Lago. Successivamente tra il 1932 e il 1938 vengono realizzate quasi tutte le opere che ci consegnano le zone umide intorno al lago come oggi le vediamo: canali, argini, strade, ponti, linee elettriche. Attualmente il sistema si avvale di una rete di drenaggio, denominata delle “acque basse” che fatte confluire in appositi collettori sono convogliate agli impianti idrovori dove sollevate dall'azione delle pompe a un sistema di canali, detti delle “acque alte”, attraverso questi vengono fatte defluire verso il mare. 

La più ampia manutenzione del territorio e del suo complesso sistema idrico è oggi affidata al Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli, azienda impegnata a conciliare i propri interventi ai ritmi di un ambiente composto da una cenosi così particolare e attraversato da equilibri naturalistici tanto preziosi quanto delicati. Sono stati introdotti, dove possibile, nuovi metodi di manutenzione dei canali e nuovi progetti di riqualificazione ambientale, che oltre a sfruttare metodi naturali permettano, in particolare alle diverse varietà di uccelli palustri, di poter disporre di un habitat per niente alterato o turbato dall'intervento dell'uomo.

Da "Il lago di Massaciuccoli e le terre umide", testi di Arturo Lini, fotografie di Amerigo Pelosini, Caleidoscopio editore, Massarosa (LU), 2008. Vietata ogni riproduzione, distribuzione o altro uso dell'intero testo o sue parti, salvo il diritto di citazione.