All'inizio di un viaggio

17.12.2022 00:53

“Nella carne stessa del paesaggio in cui s’imprimono e perdurano tutte le stigmate del passato. Il paesaggio è una memoria e io posso interrogarla”. J. Leehardt, e M. Audoy, Michel Corajoud, Hartmann, Paris, 2000.

L’uomo e le sue idee sono parti del paesaggio: contribuiscono alla modifica dei luoghi, alla sua trasformazione, rendono possibili altre bellezze, oppure altre aberrazioni.  In un recente testo accennando all’opera, critica e filosofica di  uno dei più grandi architetti - paesaggisti del novecento Bernard Lassus, e del suo leitmotiv “abitante paesaggista”, il critico d’arte Paolo Emilio Antognoli scrive: “Il paesaggio che si vede e ci circonda non è patrimonio degli architetti, degli urbanisti, dello stato. Ma dell’abitante che trasforma il territorio nel corso del tempo. Con la sua capacità di farsi paesaggio assieme alla natura”.

Il paesaggio rappresenta il segno evidente di una civiltà, o del suo degrado, ne è memoria, storia e racconto. Non più l’uomo spettatore di un ambiente o luogo che detti ritmi e stili di vita - motivo caro a tanta arte e letteratura dell’Ottocento quando il mito del buon selvaggio guidò alcuni artisti a cercare la propria verità e ispirazione in un mondo primitivo, lontano dalle regole e costrizioni della società borghese, tra i quali abbiamo un esempio anche nel nostro manipolo di pittori riuniti a Torre del Lago nel Club della Bohème - quanto il paesaggio come espressione forma e memoria del contesto umano che lo abita, che cercando di plasmarlo a propria dimensione può nobilitarlo come degradarlo.

Anche il lago di Massaciuccoli e la sua zona palustre, con il loro ricco e vario habitat inserito in uno scenario unico e suggestivo diventano un esempio di questo capitolo, circondato da nuclei residenziali e aree produttive capaci di minacciare la sua stessa sopravvivenza.

Dall'immissione nel lago di acque reflue di bonifica provenienti da attività agricole e industriali, fino all’introduzione di nitrati e fosfati originati dagli insediamenti civili ed industriali che si affacciano alle sue acque; dall'insufficiente ricambio idrico, dovuto ai prelevamenti di acque sorgive presso alcune sorgenti collinari e pedecollinari fino alla scarsa piovosità di questi ultimi anni, con il conseguente ridotto apporto di acque fresche in ingresso nel lago favorendo un processo di salinizzazione delle acque.

Ma nonostante queste nubi all'orizzonte il lago rimane oggi un autentico museo vivente dove la vita, i suoi ritmi e le sue manifestazioni, sono ferme a un tempo antico e lontano, su cui basta posare gli occhi per ritrovarne architetture e disegni alle quali avvicinarsi come a un libro infinito, composto di  pagine sempre diverse fatte di ambienti naturali e specie animali che sembrano aver trovato rifugio e scampo negli angoli di questo lembo di terra, illuminato dalla soffusa luce che viene dal riverbero delle acque, delle colline massarosesi e d’Oltreserchio, o quella più distante della catena delle Apuane nelle sue cime linde e nette contro il cielo.

Nel nostro capanno da pesca molte cose sono oggi cambiate: all’antica fantasia compositiva, fatta di oggetti e materiali d’occasione si contrappongono i materiali ecologici, ordinati in un progetto a sua volta stretto nelle voci di una regolamentazione. Il mobile limite tra originalità e norma ne detta le caratteristiche, ne guida la costruzione, che ci auguriamo ancora aperta all’inventiva, alla fantasia: nella capacità di saper coniugare funzionalità ecologia e bellezza.

In un rapporto del tutto inedito con le nuove tecnologie - l’immateriale sfondo elettronico che circonda tutto ciò che oggi esiste, permettendo a qualsiasi luogo di travalicare i propri limiti e confini per farsi immagine visibile in qualsiasi parte o angolo del mondo civile - l’ambiente lacustre, con le sue rarità di un mondo senza tempo, rappresenta oggi una reale possibilità di sviluppo per l’intero comprensorio dalla Versilia ai terreni d’Oltreserchio.

Ma aldilà delle cifre e degli aspetti economici qualcosa di ancora più profondo si afferma nella difesa di questi delicati equilibri e dei loro altrettanti delicati abitanti; qualcosa che viene dal passato e ugualmente volge verso un’idea di futuro al quale vorremmo indirizzare non solo i sentieri e i canali del lago ma le future generazioni: alla conoscenza delle proprie radici, dello scontro in queste terre avvenuto tra l’ambiente naturale e l’uomo, nel predominio prima dell’uno e poi dell’altro, e infine alla consapevolezza che solo nell’armonia dei due elementi può per entrambi essere possibile, ancora sereno e ospitale, il domani.

 

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