La caccia

«Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È assai cognita quella con barchetti, chiamata la “tela”, nelle vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori-Lisci, che ha luogo diverse volte nell'autunno inoltrato e nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute circa seimila folaghe; così riferirono i giornali».
Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene

Celebrata nella storiografia pucciniana – dove la possibilità di cacciare, insieme alla quiete e alla suggestione dell'ambiente, sono indicate come le principali ragioni che spinsero Puccini a scegliere la sua dimora su queste sponde – la caccia, prima di essere quell'attività di svago propria dei tempi moderni, è stata un'attività indispensabile alla sopravvivenza umana. Praticata fin dalle ere preistoriche, prima ancora dell’agricoltura e dell’allevamento, era mezzo primario al sostentamento quotidiano, la cui centralità ci è indicata dai riti che l’accompagnavano, dalle divinità venerate a protezione della sua pratica.

In Mesopotamia, i re erano spesso rappresentati come cacciatori; nell’antica Grecia Artemide, protettrice dei cacciatori, era  tra le più venerate divinità dell'Olimpo. Amata dagli Etruschi, come ci mostrano alcune pitture tombali, era da questi impersonificata nella dea Artume. In epoca romana fu associata alla figura di Diana, trovando presso questa popolazione ampia accoglienza, ed eletta a propria attività ricreativa preferita.Nel tempo si configurò poi come una prerogativa della nobiltà, estesa talvolta ai dignitari ecclesiastici di ordine superiore, intrapresa per motivi di svago, oppure per addestramento militare, o segno di prestigio ed espressione di potere. Una prerogativa malvolentieri estesa al resto della popolazione alla quale era concessa – anche attraverso dei veri e propri contratti che regolavano anche l'esercizio della pesca – su particolari e precisati fondi e zone terriere, ed esclusivamente riguardo a una selvaggina minuta e di minor valore.


  Massaciuccoli - A caccia col barchino. Sullo sfondo Villa Ginori

Sul lago di Massaciuccoli le prime notizie della caccia ci giungono da alcuni ritrovamenti avvenuti nel villaggio etrusco di San Rocchino presso Massarosa, che documentano nel VI secolo a. C. un’attività venatoria di quella popolazione. La pratica della caccia rimane poi costante nel tempo, almeno nei terreni intorno al lago e allo spazio lacustre, documentata da diversi atti promulgati a partire dal XII secolo riguardanti alcune cessioni di terreni, a livello, con facoltà di pascolo, di coltivazione e anche di caccia. Andando poi a sfogliare un Offizio sopra le differenze dei Confini, conservato presso l’Archivio di Stato di Lucca, incontriamo altre notizie, più dettagliate, che riguardano la caccia all’interno delle acque del lago. Ci giungono dal XVIII secolo riguardo a controversie tra la sponda lucchese e quella pisana sui confini dei relativi territori a sud del lago: «alcuni testimoni affermano infatti che “in detto lago si suole andare a caccia con barchette, ma questo però in tempo d’inverno perché nelle altre stagioni né vi è caccia né vi si può praticare per l’aria cattiva”; in tale circostanza i Lucchesi sostennero che il lago non si era dilatato e che quindi non sussisteva alcun dritto alli Pisani di venire a cacciegiare nel medesimo lago [...]»

In epoca più recente l’ambiente lacustre, nella più ampia e generale diffusione della pratica venatoria, ha rappresentato per le comunità intorno al lago anche una forma di reddito, sia attraverso una vendita diretta della cacciagione, sia attraverso mercati o commerci che a volte superavano l'ambito locale. Anche le lussuose residenze e le case di caccia nel tempo sulle colline e poi sulle sponde del lago sorte, spesso rispondevano a questa utilizzazione: d'essere luogo funzionale alla sua pratica, oltre che luoghi di villeggiatura. Ville di campagna spesso progettate e costruite proprio per esaudire questa attività, qui richiamando e ospitando illustri personaggi appassionati di caccia. Nel 1908 il lago di Massaciuccoli, già proprietà dei Guidiccioni, quindi dei Minutoli, infine dei Ginori, diventa proprietà del Regno d’Italia. Tranne la parte del lago prospiciente Torre del Lago che rimase demanio statale, buona parte del resto divenne riserva di caccia, ora affidata e gestita da una società pisana, la C.A.R.P.A al cui interno era possibile cacciare, e pescare, secondo particolari regole e calendari, e rimasta concessionaria del lago e dei suoi terreni fino al 1979 quando viene istituito il Parco Naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli.


 Lago di Massaciuccoli, un cacciatore speciale: Giacomo Puccini

La caccia in padule, come la conosciamo in epoca moderna, era praticata in diverse forme e maniere. Gli appostamenti fissi ne rappresentavano il modo più ambito ed efficace: con i capanni nascosti tra le fitte cannelle e circondati dalle tese per richiamare gli acquatici: gli stampi che galleggiando sullo specchio d'acqua, ancorati sul fondo, nelle variopinte forme e colori riproducenti le varie specie, attiravano gli uccelli di passaggio fino in prossimità dell'appostamento. Queste sagome, un tempo realizzate con diversi materiali, davano vita ad artigianali e artistiche gallerie, composte di pezzi unici in sughero, legno, giunco; sempre fatti a mano e perciò per un qualche minimo particolare sempre diversi uno dall'altro.Oppure si praticava la caccia in barchino, dalla forma allungata e stretta, piatta sul fondo: ideale per navigare canali e stagni scivolando tra le cannucce fino a raggiungere i 'segati', procedendo poi con attenzione sul terreno melmoso e a volte cedevole, accompagnati dal fido cane. Un altro tipo di caccia era quello nella botte, che si svolgeva al primo mattino o alla sera. Il cacciatore rimaneva rannicchiato all'interno di questo appostamento galleggiante generalmente sistemato ai bordi dei chiari e ancorato a tre pali fissati al fondo del lago; cullato dal dondolio dell'acqua aspettava che gli uccelli scendessero agli specchi d'acqua.

Oltre a questi tipi di caccia, praticata in proprio, era usanza sulle rive del lago fornire assistenza ai cacciatori, di professione o meno, che giungevano dalle città vicine, Lucca, Pisa, Firenze, ma anche da altre regioni, ai quali veniva offerta la disponibilità di barchini e barcaioli, capanni, e di ogni altro strumento utile per poterla praticare. Giungevano per qualche battuta ordinaria, ma anche in occasione di particolari appuntamenti, tra i quali quello principale era rappresentato da un particolare tipo di caccia: la 'tela'. Si svolgeva in un giorno di ottobre e a volte, in presenza di un abbondante ripopolamento, anche nel mese di novembre. Anche se diversi tipi di uccelli erano compresi in queste battute, quali i moriglioni o le anatre, la vittima principale di questa caccia era la folaga. Animale timido, circospetto, goffo nei movimenti a terra e lenta nel volo quanto ottima nuotatrice tanto da privilegiare questo modo di fuga di fronte ai pericoli: nuotando in branchi o spostandosi per brevi e affannosi voli a fior d'acqua.


  Massaciuccoli- Cacciatori sulle sponde del lago

Per partecipare alla 'tela' si pagava un biglietto, prima ai Ginori, quindi dal 1908 in poi ai concessionari del lago. Il giorno convenuto, quando cioè si era stimato sufficiente il numero degli animali presenti, ci si radunava di prima mattina in quattro punti del lago: alla Piaggetta, al porto di Massaciuccoli, alla foce del Barra e infine a Torre del Lago, aspettando un segnale, lo scoppio di un mortaretto, che alle dieci in punto segnava l'inizio della caccia. I barchini, sui quali potevano prendere posto un massimo di due persone, disposti a ventaglio cominciavano a stanare gli animali incalzandoli verso il centro del lago. Quando l'accerchiamento era concluso, pressate da ogni lato, alle folaghe altro non rimaneva che prendere il faticoso volo. Lo facevano insieme, in diverse migliaia, andando quasi a ricoprire il sole: un cielo nero e mobile contro il quale s'abbattevano gli spari dei cacciatori. Quelle che riuscivano a sorpassare questa linea di fuoco, avvicinatesi alle sponde incontravano una seconda linea di cacciatori che da postamenti fissi le aspettavano. Alcune ferite proseguivano per un breve tratto il volo, altre cercavano scampo nei terreni intorno al lago, nei canali, nelle zone limitrofe dove trovavano altri cacciatori, che non avendo pagato il biglietto ne attendevano il passaggio. Infine un altro scoppio di mortaretto annunciava la fine della caccia. Ne seguiva la festa: per l'abbondanza di cibo, ma anche per il piccolo commercio che ne seguiva.


Cacciatori, di ritorno dalla tela

«Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È assai cognita quella con barchetti, chiamata la “tela”, nelle vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori-Lisci, che ha luogo diverse volte nell'autunno inoltrato e nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute circa seimila folaghe; così riferirono i giornali». Queste note, scritte da Pellegrino Artusi sul suo La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene fanno da corona a una ricetta culinaria, e bene ci testimoniano, oltre l'ampia presenza di folaghe in quelle passate stagioni, anche il contesto a cui prima accennavo: da una parte l'aspetto giocoso e divertente della caccia, dall'altra la partecipazione di persone del luogo che si offrivano nell'aiutare i cacciatori, e poi nella vendita degli animali, al fine di realizzarne un qualche guadagno. La pratica della caccia continuerà nel lago di Massaciuccoli fino al 1979, quando con l’istituzione del Parco Naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, sarà in quelle acque e terre definitivamente vietata. Già la 'tela' era un ricordo; terminata alla fine degli anni 50, così come le abbondanti prede alle quali abbiamo accennato, allontanate dal passo rumoroso della società industriale.

Abbiamo iniziato questo breve capitolo nel nome di Puccini ed è nello stesso modo che vogliamo chiuderlo prendendo a prestito un breve aneddoto che ci racconta Mario Lopez Pegna nel suo Pesche e Cacce antiche e moderne nel lago di Massaciuccoli, edito per Editoriale Toscana, Firenze, 1958. Il Maestro dunque, amante della caccia quanto forse della musica:
«[...]si buttò con l’interessata complicità d’un paesano praticissimo del lago e del padule ... a cacciar di frodo la notte finché… le guardie lo colsero in flagrante e lo denunziarono — si lui Puccini Giacomo, fu Michele e fu Magi Albina, nato a Lucca il 22 dicembre 1858, maestro di musica e Cavaliere della Corona d’Italia — al pretore di Lucca. Il processo naturalmente ebbe luogo in un clima di benevola curiosità e Puccini, mercé la valida difesa dell’avvocato Pelosini, Senatore del Regno, fu assolto per non aver commesso il fatto»

Da "Il lago di Massaciuccoli e le terre umide", testi di Arturo Lini, fotografie di Amerigo Pelosini, Caleidoscopio editore, Massarosa (LU), 2008. Vietata ogni riproduzione, distribuzione o altro uso dell'intero testo o sue parti, salvo il diritto di citazione.