Il barcaiolo

Le vie fluviali, i bacini d'acqua, costituivano nel passato le principali vie di trasporto e comunicazione: autentiche autostrade dell'antichità. Già in epoca etrusca il trasporto del ferro dall'isola d'Elba verso l'Appennino avveniva, una volta raggiunta la costa, risalendo l'Arno, o l'Auser, come era allora chiamato il Serchio. Nella zona nord del nostro padule, a ridosso dei confini della città di Viareggio dove questa si incontra con il territorio comunale di Massarosa, in località San Rocchino, era presente uno scalo marittimo, sempre di origine etrusca e funzionale, oltre che a piccoli commerci locali, ai trasporti marittimi lungo le rotte tirreniche e liguri, in questo affiancandosi al più importante Portus Pisanus, situato a nord di Livorno.

Sorgeva su di un terreno paludoso consolidato da una sovrapposizione di legname e fascine e circondato da una palizzata in legno che ne segnava i confini. Le capanne erano di forma rettangolare, con un pavimento in argilla. Ben collegato anche al territorio intorno attraverso corsi d'acqua, era un centro di smistamento di oggetti d'importazione, nonché di quelli d'esportazione prodotti dalle officine e dalle attività del comprensorio. In epoca romana il porticciolo romano di Massaciuccoli testimonia il perdurare se non l'ampliarsi della portata di questi traffici e commerci.


 Per i canali intorno al lago con la stanga, una lunga pertica usata per muovere l'imbarcazione

Era in gran parte dovuta alla presenza e alle attività del porto marittimo di Motrone, e successivamente a quello di Viareggio venuto a rimpiazzare il primo nei disegni commerciali e militari della Repubblica di Lucca, l'importanza strategica ed economica del territorio versiliese, il cui possesso è stato origine e causa di ripetute guerre tra i governi lucchesi e pisani, che ugualmente al controllo di queste terre, e delle acque sulle quali si aprivano, ambivano. In altre pagine già abbiamo scritto come un modesto lago di origine marina, localizzabile nella parte più bassa delle campagne intorno Stiava, dove queste si protendono verso la costa versiliese, ospitasse ben sei piccoli porticcioli o punti di scalo dai quali navigando i canali che da quelli partivano si poteva poi raggiungere il porto marittimo di Viareggio. Questo laghetto è ancora raffigurato in diverse carte geografiche, tra le quali una del XVII secolo: il Lago di Schiava, conservata presso l’Archivio Storico di Lucca. 

Nell'antico porto della Piazzetta, l'attuale Piaggetta, a Quiesa, il governo della Repubblica aveva istituito, per il controllo e smistamento delle merci, un presidio, all'interno di un modesto complesso portuale. L'importanza di tali vie di comunicazione è rimasta quasi immutata nel tempo, fino all'apparire delle prime linee ferroviarie e del motore a scoppio con il progressivo dispiegarsi dei percorsi stradali che rivoluzionavano e ridistribuivano l'intero sistema dl trasporto di merci e persone. Tra le sponde del lago le imbarcazioni sono rimaste il mezzo di spostamento privilegiato per pescatori e cacciatori, oltre a rappresentare, fin quasi ai giorni nostri, lo strumento più usato per il trasporto di materie la cui lavorazione o estrazione avvenisse nel comprensorio lacustre, quali i fasci di erbe palustri, il trasporto di ghiaie e pietre, o il più recente trasporto delle sabbie silicee estratte dal fondo del lago.


Barchetti carichi di pietre in un porticciolo del lago

Al fine di favorire i traffici di merci era stata anche aperta una strada, più a sud del monte di Quiesa, come sottolinea il Repetti nel suo Dizionario di luoghi geografici: «È situato [Massaciuccoli] fra la base australe del monte di Quiesa e le gronde orientali del lago di Massaciuccoli sopra l'antica strada romana di Emilio Scauro, ossia Francesca, dove attualmente sbocca una via rotabile aperta dal governo lucchese a levante-scirocco di quella postale del monte di Quiesa, la quale varcando per il monte detto di Mezzo, guida per un più corto e agevole tragitto da Lucca al porto di Massaciuccoli, e di costà andando per canale conduce a Viareggio.»

Per i vari tipi di trasporto si utilizzavano i tradizionali barchetti, navicelli privi di chiglia visto l’uso in acque basse, generalmente condotti da due uomini, della lunghezza di circa 13 metri e fatti in legno di pino o quercia. Imbarcazioni a vela che in assenza di vento si muovevano con l’aiuto di due remi, proporzionati alle dimensioni dell’imbarcazione, oppure di una lunga pertica, la 'stanga', che grazie alle modeste profondità del lago ne toccava il fondo. Un altro metodo di navigazione, praticabile lungo i canali con la riva percorribile, consisteva nel trascinare l’imbarcazione per mezzo di una corda, l'alzaia, dall'argine del canale per mezzo di una particolare imbracatura sostenuta da uno o due uomini. A volte, per il traino di barche pesanti lungo i fossi che si aprivano ai bordi del lago, le funi venivano attaccate a un cavallo che le trascinava dalla riva: operazione questa che richiedeva attenzione e perizia, aiutandosi con la stanga, una pertica in legno, e la barra, il timone dell'imbarcazione, per non andare a battere contro la riva.


Lago di Massaciuccoli, barchetto di ritorno a vele spiegate

I barchetti erano impiegati nel trasporto di diversi materiali, falasco, riso, torba; oppure le pietre e i massi delle cave di Massaciuccoli e Vecchiano usando gli scali di Monte Cocco per raggiungere poi il porto di Viareggio, dove quelle pietre venivano usate nell’innalzamento dei moli. A volte da Viareggio si tornava altrettanto pieni di merci, come nel trasporto delle travi che poi andarono a sostenere i soffitti della Brilla, l'edificio sorto verso la metà del XIX secolo per la pilatura del riso alla Piaggetta di Quiesa. Trasportate fin qui dal porto di Viareggio, dove erano arrivate dalla Corsica.

Di quei trasporti ci parla Rino Lencioni in una recente conversazione tenuta presso la sua casa di Quiesa: «Trasportavamo falasco, riso, blocchi di sasso da Vecchiano. Partivamo alle due di notte, carichi anche di cento quintali di merce, verso il porto di Viareggio, sfruttando il vento di terra. Uno dietro l’altro fino alle cateratte che venivano aperte alle dieci. Al molo di Viareggio scaricavamo i barchetti, a volte caricavamo altre cose da trasportare ai porti del lago. Per il ritorno aspettavamo il vento di mare e dopo mezzogiorno partivamo ancora in fila attraverso il lago.»


Torre del lago, navicelli lungo un canale durante la costruzione della portineria in stile neogotico di accesso a villa Orlando, alzata con pietre provenienti dalle cave di Vecchiano

Nel loro periodo di maggiore diffusione ne sono stati stimati circa una cinquantina di barchini attivi all’interno del lago: alcuni di proprietà privata, altri di appartenenza alle varie industrie del lago, fossero le cave di pietra o le società per l’estrazione della torba. Nel dopoguerra cominciarono ad essere sostituiti dai più capaci barconi a motore e dal progressivo uso di mezzi di trasporto su terraferma; alcuni furono riconvertiti per qualche tempo in battelli da pesca o per il trasporto di passeggeri. Di quegli esemplari ne rimane ancora uno presso l’Oasi Lipu di Massaciuccoli.
Costruito agli inizi del Novecento - come ci racconta Nicola Checchi, presidente della Proloco di Massarosa - fu usato nel 1903 per trasportare Giacomo Puccini, rimasto coinvolto in un incidente stradale lungo i tornanti del monte Quiesa, da Villa Ginori fino alla sua villa a Torre del Lago. Restaurato per ben due volte, entrambe le volte su commissione del regista toscano Paolo Benvenuti che lo ha usato per alcune scene di due sue opere: Il bacio di Giuda del 1988 e Puccini e la fanciulla del 2008, quest’ultima ispirata da un episodio tra i più drammatici della biografia pucciniana: la morte di Doria Manfredi, la sua giovane cameriera presso la villa di Torre del Lago, morta suicida nel gennaio del 1909.

Durante la conferenza stampa di presentazione del film, tenuta a Torre del Lago nel marzo 2008 sul ricostruito Chalet Emilio, copia dell’originaria struttura degli inizi del XX secolo alzata davanti alla villa di Puccini, il barchetto è stato ancorato di fianco allo Chalet, facendo da sfondo alla stessa conferenza. Nel 2008 è stato lasciato in gestione alla proprietà di Villa Ginori, successivamente viene donato al Parco regionale Migliarino San Rossore, come ci ricorda la targhetta posta su uno dei suoi fianchi, per essere infine affidato alla sezione Lipu di Massaciuccoli dove utilizzato per qualche tempo nell’organizzazione di percorsi e gite turistiche è stato successivamente dismesso da questa attività.


 Torre del lago, trasporto del falasco

Nella seconda metà del XX secolo il trasporto delle merci volgeva dunque verso altri mezzi e sistemi; l’uso sempre più ampio dei motori a scoppio, la progressiva asfaltatura dei manti stradali rendeva sempre più conveniente il trasporto via terra: anche all’interno delle acque del lago ai tradizionali barchini si sostituivano i rimorchiatori, i barconi, le panciute chiatte, che sfilavano sulle acque quasi sommerse dal loro carico di sabbia. Estratta da diversi giacimenti situati sul fondo del lago e in alcuni specchi d’acqua aperti intorno a quello, la sabbia dette vita a un florido commercio, sostenuto dall'alta qualità che ne permetteva l’uso in svariati settori: dalla composizione di cementi fino al suo impiego nei processi di lavorazione dei metalli. L'attività estrattiva proseguì fino agli anni Novanta quando, nell’ottica di una più completa tutela ambientale, venne proibita.

Il ricordo, o forse l'eco, del lavoro e della fatica del barcaiolo torna nel tradizionale palio della Madonna del Lago, meglio conosciuto come il Palio dei barchini, che ogni anno in primavera si svolge sulle acque del lago, quando gli equipaggi composti da due rematori si sfidano nella distanza di quattro chilometri tra i porticcioli di Massaciuccoli e Torre del Lago. Un’altra imbarcazione, oggi sempre più frequente nelle acque del lago è la canoa: leggera, poco ingombrante, sembra il mezzo ideale per escursioni all’interno dell’habitat lacustre alla scoperta dei suoi particolarissimi paesaggi fatti di rare vegetazioni e di particolari specie d’uccelli che qui sostano o nidificano.

Da "Il lago di Massaciuccoli e le terre umide", testi di Arturo Lini, fotografie di Amerigo Pelosini, dove non indicato, Caleidoscopio editore, Massarosa (LU), 2008. Vietata ogni riproduzione, distribuzione o altro uso dell'intero testo o sue parti, salvo il diritto di citazione.