Massaciuccoli

Sorpassata la località Molinaccio, e con questa i confini della frazione di Quiesa, subito entriamo nel territorio di Massaciuccoli anche se il paese si trova qualche chilometro più avanti lungo una strada che procede per brevi rettilinei e ampie curve intagliate nella base dei bracci che dalle colline quaggiù si allungano.

La strada è molto suggestiva. Alla nostra sinistra sparuti casolari, raccolti borghi; poco più in alto c'è la palazzina Michelazzi che tra le sue dependance annovera un edificio, la Rimissa, la cui origine e destinazione, precedenti alla costruzione della palazzina, ancora rimangono imprecisate e indefinite. Alla destra già l'ambiente del lago, con i suoi canneti, i falaschi, e i canali che a tratti vengono a lambire, qualche metro più in basso, la via. Quasi subito dunque siamo a Massaciuccoli: quasi un dimesso borgo ci accoglie, a dispetto della fama che il lago e la sua oasi naturalistica, insieme agli ambienti archeologici, gli conferiscono.
 

Pensare che andando ora a leggere qualche guida turistica del passato che parlasse di queste terre di Toscana troveremmo tra i pochi nomi presenti sicuramente quello di questa località, tanto le sue rovine archeologiche gli davano fama. Proviamo così, prima del nostro ingresso reale, ad entrare e conoscere Massaciuccoli con gli occhi del passato, attraverso quelli di Francesco Baroni e la sua Guida del Forestiere per la città e il contado di Lucca, pubblicata nel 1820:

«Dopo aver percorso quant'era più degno d'attenzione in una parte del Contado lucchese, rimane a visitarsi l'altra, ch' è posta lungo il mar tirreno, nell'antica Versilia, detta la Marina. Sono ivi meritevoli d'esser vedute 1° le antiche ruine di Massaciuccoli; 2° la Città di Viareggio; 3° il Castello di Camajore, oltre gli ubertosi colli che la fiancheggiano a levante, popolati di Ville, coperti di olivetì, dove la più industriosa e florida agricoltura mostrasi in tutta la sua pompa.

Usciti a questo fine dalla Città per la porta S. Donato, varcato il Serchio sul ponte a S. Pietro, e quindi il monte di Quiesa dopo sette miglia di cammino per una strada spaziosa e comodissima, si presenta alla vista il mare colla sua spiaggia e le circostanti paludi. Il primo stradello, a sinistra, appena terminata la discesa del monte suddetto, guida in breve ora alla Pieve di Massaciuccoli, ove invitiamo il forestiere ad esercitare la sua erudizione fra le ruine di alcuni antichi edifizj romani, che sussistono tuttora colà sul pendio occidentale del Colle, che guarda il mare ed il sottoposto lago. Gli Scrittori, ed i Cronisti lucchesi, che ebbero fin qui occasione di accennare questi ruderi, ne parlarono come di avanzi d'un antico Tempio romano. Gli abitanti del paese per altro sogliono dar loro il nome di Bagni di Nerone: e sono di fatto reliquie pregevolissime di antiche terme.»


Seguono le dettagliate descrizioni dell'intero ambiente, condotte in una scrittura limpida e scorrevole, che quasi par di passeggiare tra quelle mura; descrizioni che prima ci guidano tra i resti delle Terme, e poi alla pieve di S. Lorenzo dove nel 1756 erano state effettuate alcune escavazioni dietro la canonica e il coro che avevano riportato alla luce pregevoli reperti, per poi concludere.

«Malagevol cosa sarebbe il volere assegnare l'epoca della decadenza, o della ruina di questi non grandiosi ma eleganti edifizj, mancando su questo particolare ogni memoria. Probabilmente subirono la sorte, cui furono sottoposte le terme in generale col propagarsi del Cristianesimo. Nè è più facile il dire quando possano essere state fabbricate.»

 

Annotazione quest'ultima poi riconfermata da moderne tesi secondo le quali nella tarda antichità si preferì costruire le prime chiese là dove erano sorti, o ancora in parte sorgevano, edifici residenziali o produttivi di carattere privato e sopravvissuti alla decadenza dell'età imperiale, divenuti poi punto di riferimento della vita sociale ed economica del territorio; dai quali si ricavava dunque il prestigio e la funzionalità, nonché il ruolo di organismo dominante e di aggregazione.

La nostra prima visita è dunque alla chiesa di San Lorenzo che deve la sua attuale disposizione a una ristrutturazione avvenuta nel XIX secolo. Antica pieve, già ricordata in un documento del IX secolo, alla quale erano soggette le altre comunità ecclesiastiche della zona. Apparteneva alla diocesi di Pisa fino all'anno 1789, quando con bolla del 18 luglio il pontefice Pio VI, su istanza del granduca di Toscana Pietro Leopoldo, ordinò che passasse – insieme ad altre sette parrocchie tra le quali quelle di Bozzano e Quiesa – alla diocesi di Lucca.


Dell'antico edificio romanico, in epoche successive ampliato a tre navate, sono ancora visibili, sul fianco nord della chiesa, due archi divisori. Dal XVII secolo le due navate laterali furono scorporate dall'edificio centrale e trasformate l'una in sacrestia e cimitero, l'altra nell'abitazione del parroco.

Internamente due altari addossati alle pareti laterali: uno del Crocifisso e l'altro della Madonna, entrambi decorati secondo un gusto tardo barocco ancora presente nel XVIII secolo, periodo della loro realizzazione. Sono stati qui trasferiti dalla chiesa di Pieve a Elici agli inizi del XX secolo in seguito ai lavori di restauro in quella condotti per il ripristino della originaria conformazione.

Usciti dalla chiesa, inquadrata nella neoclassica facciata dove spicca nell'equilibrio delle forme il frontone triangolare, il cui motivo è poi ripreso nella decorazione posta sopra l'ingresso, e fatti pochi passi sul sagrato fino al parapetto in muratura che lo cinge, subito sotto di noi appaiono i resti della villa dei Venulei, dal nome della famiglia di rango senatorio alla quale ne viene attribuita la costruzione nel I secolo d.C., poi ampliata durante il II secolo, proprietari di fornaci per la produzione di laterizi nel territorio pisano.

 

«Appena disceso il monte [di Quiesa] è una strada a sinistra sufficientemente praticabile anche in carrozza; per la quale in meno di mezz'ora costeggiando il grazioso lago di Massaciuccoli si arriva presso ai Bagni di Nerone, così detti, ossia agli avanzi di terme romane; che sono assai bene conservate da potersene comprendere agevolmente le diverse parti.»
Così ci conduce a questa villa Antonio Mazzarosa nel suo Guida di Lucca e dei luoghi più importanti del ducato pubblicato nel 1843, dove poi continua nella descrizione dell'intero ambiente, concludendo.
«Un' iscrizione su una cannella di piombo ivi trovata darebbe a credere, che queste terme o avessero appartenuto alla famiglia Venuleja d' origine etrusca, o che da quella fossero state restaurate. Sono pochi anni che per le preghiere di chi scrive la presente guida furono assicurati diversi muri dal cadere, e rimediato ai danni che delle piante vi recavano.»

 

In quelle note abbiamo anche accenno agli scavi effettuati nel 1756, dei quali prima parlavamo, presso la parte posteriore della pieve di S. Lorenzo: «Presso alla chiesa immediatamente superiore, che è la pieve di Massaciuccoli, e in particolare dietro il coro e la casa del parroco, si fecero degli scavi il 1756: né infruttuosamente, poiché vi si rinvennero due bei torsi virili con pallio, grandi sopra il naturale; un cippo striato; un magnifico pavimento di giallo antico, e diversi frammenti d' ottimo stile; cose tutte che si conservano e si possono vedere nella prossima villa dei nobili signori Minutoli.» all'epoca della stesura della Guida  proprietari del terreno su cui sorgono i resti della villa romana, proprietà invero durante tutto il Settecento di una patrizia famiglia lucchese: i Sirti.

Reperti che coincidono con gli stessi dipinti, a mo' di documento com'era consuetudine all'epoca, in una tela a olio opera di un imprecisato pittore del Settecento e conservata al museo nazionale di villa Guinigi a Lucca. Oltre questo più niente oggi testimonia l'antico ambiente residenziale, almeno di visibile, soppiantato e sostituito dalle mura della chiesa, innestate proprio sopra quello.

Oggi le più recenti ricostruzioni dell'originale assetto e disposizione della villa, seguite ai più approfonditi studi condotti da Antonio Minto nel 1920, dividono l'intero complesso in due parti: un ampio pianoro, lo stesso oggi occupato dalla chiesa e dalle sue articolazioni, coincidente con l'antico ambiente residenziale vero e proprio, e uno sottostante consistente in una terrazza inizialmente adibita a giardino e poi, nel corso del tempo, trasformata nell'ambiente termale oggi visibile.

 

Nella sottostante terrazza, i resti monumentali dell'antica struttura termale si presentano ancora oggi in un suggestivo scenario: i rossi mattoni – laterizi ampiamente usati nell'edilizia romana prima in edifici monumentali poi anche nelle case comuni – si alzano dal verde prato, nel disegno delle pareti contro il mutevole blu del cielo.

I vani di ingresso al ninfeo, che scandiscono le pareti, sono chiusi nella parte superiore da un arco che conferisce grazia e ugualmente solennità all'intero ambiente, nel dividerne lo spazio in una infinita partitura attraverso i secoli.

In un cartello turistico, qui posto come guida all'originaria disposizione e funzione degli ambienti, leggiamo che si tratta dei resti di «un ninfeo (fontana monumentale), un triclinio estivo (sala da pranzo) poi trasformati attraverso successivi ampliamenti in frigidarium [ambiente destinato ai bagni freddi] del quartiere termale con muratura in laterizio e rivestimenti marmorei e a mosaico» continuando poi la descrizione in una sintetica e precisa storia dell'intero complesso.

Il quale, considerato nella sua configurazione storica e sociale, oltre a testimoniare l'ascesa politica e sociale dei Venulei e come tale segno evidente del loro potere, rispecchia il modello della villa d'otium, residenza concepita nell'architettura romana per il diletto e il tempo libero. Più o meno con gli stessi intendimenti e funzioni delle diverse e lussuose residenze che qualche nobile proprietario terriero poi, o capitano d'industria oggi, come l'antico Venulejo ieri, sarebbe venuto a impiantare qua e là per queste colline.

 

Di poco più in basso dell'ambiente termale ora visitato si trovano le tracce di un altro edificio risalente all'epoca romana. Disposto a lato della via, da più autori nel passato indicata come l'antica Aemilia Scauri, che proprio da Massaciuccoli, attraverso un percorso che portava a Lucca, si connetteva alla via Cassia.

Individuato nel 1932 e inizialmente classificato come un edificio residenziale privato, tanto da essere ancora oggi denominato la Villa, è stato successivamente interpretato come una mansio, cioè una struttura destinata all'accoglienza e al ristoro dei viaggiatori, per certi versi paragonabile in funzioni e caratteristiche a un moderno albergo.

In realtà gli ultimissimi scavi, condotti proprio parallelamente alla stesura di questo libro, stanno dimostrando che una chiara attribuzione di questo edificio è al momento impossibile in quanto esistono elementi favorevoli a quest'ultima interpretazione - cioè di una stazione di sosta - insieme ad altri che farebbero coincidere l'antico edificio con una villa rustica, o di campagna, forse derivata dalla ristrutturazione di una prima modesta fattoria costruita nel I secolo d.C. Tornando dunque in questa attribuzione alla originaria classificazione.

Del resto ciò che ora appare è più la storia delle trasformazioni e sovrapposizioni subite dall'edificio nel corso del tempo che non un omogeneo ambiente riconducibile ad un particolare e circoscritto periodo storico.

Dell'ambiente, che alcuni frammenti di tegole qui rinvenute con il marchio di questa famiglia impresso, ricondurrebbero alla proprietà degli stessi Venulei, e qui innalzato a corredo della loro ospitalità, faceva parte anche un locale nel quale è stato rinvenuto un mosaico, in tessere bianche e nere, della misura di cm. 370X434 e databile al I-II secolo d.C., raffigurante due coppie di animali fantastici circondati da motivi decorativi entro una cornice a fasce.

 

Questo importante reperto, tipico della casa o villa di campagna, insieme agli altri rinvenuti nei due complessi archeologici, era stato inizialmente esposto in un modesto edificio, poi demolito, appositamente costruito negli anni Sessanta a lato dell'area di ritrovamento.
Dal giugno 1999 venivano poi spostati nelle aule della locale ex scuola elementare andando a formare l'antiquarium civico. Fino al 2007 anno in cui il mosaico è stato riportato nella sua originaria collocazione a sua volta ora inserita in una più ampia e moderna struttura espositiva: un padiglione dedicato a Guglielmo Lera, studioso e appassionato di archeologia autore di numerosi libri sulla storia massarosese, dove attraverso un percorso sopraelevato, funzionale e rispettoso dell'antico ambiente, si può vedere l'originaria disposizione dei vani e locali che andavano a formare l'antico edificio.

All'interno di questo percorso, oltre il suddetto mosaico, oggetto di un pregevole e impegnativo restauro realizzato dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze alla metà degli anni ottanta, sono esposti altri interessanti reperti di epoca romana rinvenuti nel comprensorio, quali ceramiche, vasellame utilizzato in dispensa, lucerne, arredi marmorei, frammenti e parti di oggetti in vetro e metallici. Sono visibili anche una testa femminile in marmo, probabile esponente della famiglia imperiale, parti o frammenti di tegole e coppi, chiodi in ferro e vetri, ed altri oggetti che ci lasciano immaginare anche gli elementi deperibili della struttura: i portici sostenuti da colonne in laterizi, tetti e solai in legno fissati con chiodi da carpentiere, finestre e pavimenti. 
 

A ridosso di questo padiglione, solo divisi dallo scorrere della via Pietra a Padule, nella zona dove fino a qualche anno fa sorgeva la ex scuola elementare - l'edificio già sede del precedente antiquarium ora completamente smantellato - è ora aperto un cantiere dove attraverso operazioni di scavo iniziate nel 2006 "si affronta per la prima volta un'indagine stratigrafica su una vasta area della Massaciuccoli romana [...] portando contemporaneamente avanti la ricerca storica sulle trasformazioni dell'insediamento nel corso del tempo" come leggiamo nelle pagine web di un sito, massaciuccoliromana.it, aperto per seguire e documentare l'intero processo dei lavori di scavo.
 

Gli scavi fino ad oggi effettuati sembrano disegnare un'articolata estensione dell'edificio con mosaico, apparso dunque solo in parte nel 1932, alla cui perimetria andrebbero aggiunte anche queste strutture murarie ora portate alla luce, ipotizzando l'esistenza di un loggiato dove ora passa la via Pietra a Padule la cui realizzazione sarebbe dunque successiva all'epoca romana.
In questa ipotesi, che solo ulteriori indagini possono definire e precisare, anche il percorso dell'antica Aemilia Scauri, o comunque della via romana che per queste terre passava collegandosi a Luni e alle terre liguri, dovrebbe trovare nuova definizione, avanzandosi al momento l'ipotesi che il suo originario percorso corresse lungo il litorale tirrenico, procedendo vicino e parallelo allla costa tra Marina di Vecchiano e la Versilia.
Ipotesi che viene a sconvolgere una convinzione maturata lungo i secoli, almeno tra le voci che cercando di definire la viabilità dell'epoca romana in queste terre ponevano in Massaciuccoli il più importante nodo stradale della zona, centro d'incontro di percorsi navali e stradali, baricentro dei traffici tra Pisa, Lucca e Luni.

L'opera di scavo condotta alla luce del giorno nelle sue complesse procedure è oggi aperta alla vista e curiosità di eventuali spettatori, e offre la possibilità di avvicinarsi a queste interessanti metodologie e pratiche orientate al recupero e alla completa lettura di questo nostro prezioso passato.

 

Non distante da questa zona archeologica, proprio sulle sponde del lago e nell'ambito di un piccolo scalo, già antico porticciolo attivo in epoca romana e medievale – quando le vie d'acqua facevano le funzioni delle moderne autostrade – si trova la sede dell'Oasi Lipu di Massaciuccoli che in convenzione con l’Ente Parco, sin dal 1985 gestisce la riserva naturale del Chiarone, un'area di 60 ettari soggetta, come tutta l'area del parco, a diversi regolamenti e convenzioni che ne tutelano l'habitat.

Alloggiata presso un caratteristico casale nel quale trova posto un ridotto museo naturalistico dedicato all'ambiente e alla fauna del lago, e una foresteria con quindici posti letto disponibili in primavera ed estate per brevi soggiorni o campi di vacanza. Da qui partono alcune passerelle in legno, sistemate su palafitte, verso cinque capanni di osservazione che si affacciano sul lago, per una piacevole passeggiata attraverso i canneti. Sempre nella bella stagione sono disponibili canoe e barche a remi per chi vuole avventurarsi all'interno del lago alla scoperta dei suoi paesaggi, o ammirare le infinite varietà di uccelli che, in particolar modo in primavera, popolano queste acque. Oppure si può optare per un'escursione guidata su barchino con motore elettrico, o in battello per gruppi più numerosi.
 

Prendendo poi il cammino verso la cima del colle, che alle prime pendici ospita il paese e le sue rarità archeologiche, salendo scopriremo a poco a poco un autentico belvedere, non solo sulla laguna di Massaciuccoli ma anche sulla riviera versiliese. Qui sorgeva il castello di Aquilata, sui resti di una precedente torre di segnalazione romana, intorno al quale si era formata una piccola comunità costituitasi in comune che in seguito alla distruzione del castello, oggetto e terra di contesa nella lunga guerra tra lucchesi e pisani, operata da Uguccione della Faggiola nel 1314, si disciolse restando incorporata in quella di Massaciuccoli. "Arse Massaciuccoli, Aquilata, Chiesa e Bozzano"  scrive di lui Aldo Manuzio in un libro dedicato alle gesta di un altro condottiero Le azioni di Castruccio Castracane degli Antelminelli, signore di Lucca, edito nel 1843.
 

Oggi il luogo è diventato punto centrale di molti sentieri naturalistici che dal lago salgono e proseguono per le colline intorno, snodandosi per oliveti, macchie e boschi secolari di castagni, lecci, e pini. Fino alla località di Crocetta, dove vi è un'area attrezzata con panche di legno e tavoli; e poi ancora verso Compignano, con gli occhi che posano sull'orizzonte: dal golfo di La Spezia al porto di Livorno, da Torre del Lago Puccini fino a distinguere nelle giornate più terse la torre di Pisa o la cupola del suo battistero. A questo vario panorama guardano anche alcune ville storiche: villa Guerrieri, già Cenami, sorta come casa signorile di campagna, prevalentemente usata a luogo di raduno per battute di caccia, e la settecentesca villa Pardi, disposta su di un ristretto pianoro a mezza collina, e meglio conosciuta come villa Maria, dal nome della moglie di Francesco Andreini, proprietari della tenuta dal 1934 al 1968.
 

Poco più in basso del castello di Aquilata, lungo la strada che conduce a Balbano e quindi a Lucca, si trova villa Minutoli, la più antica tra quelle che sorgono nel comune di Massarosa, se ancora parti delle sue fondamenta sembrano incorporare quelle di una torre romana. Qui forse visse il potente Cucculo signore della vasta tenuta, allora detta massa, parola di origine latina ma venuta in uso nel periodo longobardo, a indicare una proprietà di grande estensione formata da numerosi fundi (poderi), che è all'origine del nome della frazione.

E qui, in epoca a noi vicina, precisamente il 2 settembre 1944, venne compiuta dall'esercito nazista una strage di civili qui residenti, tra i quali tre ragazzi. Si riflettono dunque in queste mura la maestà e le bellezza del paesaggio e insieme la memoria di una tragedia: ceneri e ossa, pietosi resti di undici corpi umani che in un locale di una dipendenza della villa apparvero agli occhi di alcuni abitanti del luogo qui venuti a cercare spiegazione di quel prolungato silenzio.
Fu la barbarie che è la guerra, aldilà dei diversi nomi in cui si presenta nella geografia e nell'animo dell'uomo, se questo non è difeso dalla pratica della conoscenza e del dialogo: strada spesso difficile e faticosa, ma l'unica alla cui ombra ci si possa posare nella sicurezza di una quiete che ancora domani sorga intorno e dentro noi.


Testo di Arturo Lini tratto da Il lago di Massaciuccoli e le terre umide, Caleidoscopio, Massarosa (LU), 2008.