Quiesa
«V’è di notevole una sorgente di acqua cristallina che sgorga da una roccia ed è così copiosa da formare un ruscello di forza sufficiente da dar movimento ai magli ed ai mulini che si trovano in quei paraggi. [...] Il ruscello di cui ho sopra parlato e che aziona le fucine, scende dal Chiesa e sbocca nel vicino lago di Maciuccoli. Questo lago nei tempi antichi era una insenatura del mare e serviva da porto.»
Georg Christof Martini (1685-1745), Viaggio in Toscana, prima metà del XVIII secolo.
L’idea che mi dà il paese di Quiesa, passeggiando per le sue strade, almeno quelle che insistono per il suo centro storico, è di trovarmi in una stazione di sosta, un luogo di passaggio, nel bel mezzo di un incerto percorso il cui senso o meta sia ancora imprecisabile e sconosciuto, da scoprire poi, una volta giunto al termine di una delle sue due contrarie direzioni. Forse sarà per le tante volte che sono transitato, ogni giorno avanti e indietro, per queste stesse strade recandomi all’Istituto Magistrale Paladini di Lucca, o per essere quella strada che poi si arrampica per i tornanti del monte di Quiesa il tratto che poi ci conduce non tanto a un altro comune, lasciando il nostro di Massarosa per immetterci in quello di Lucca, quanto il tragitto che dal territorio della Versilia ci conduce alla piana lucchese, tratto di divisione dunque tra due ambienti così diversi per abitudini, clima, luci e umori.
Anticamente qui venne edificato, come probabile luogo di ristoro e sosta sulla via che veniva da Pisa, alla cui diocesi allora Quiesa apparteneva, un convento di Benedettini dedicato a San Michele, postazione quasi di confine con Lucca sulla via per
raggiungere la Francigena da Pisa. Fondato intorno all'anno 1000 da Willa, per almeno quattro decenni marchesa della Tuscia, prima a fianco del marito Uberto, marchese di Toscana dal 936 al 961 c., e in seguito con il figlio Ugo che ereditò il titolo del padre, venne poi soppresso nel 1408 e aggregato al capitolo della cattedrale di San Martino in Lucca. È all’opera di questi monaci che si è spesso associata l’introduzione e la coltivazione dell’olivo nella nostra terra, o almeno in questa zona, prima ricoperta da boschi di querce e lecci, così come l’attuazione di importanti opere idrauliche che interessarono parte del territorio versiliese. Sempre grazie alla loro opera è documentata già nell’ XI secolo la costruzione di una cappella dedicata a Santo Stefano, dimenticata poi nel tempo il cui titolo andrà all'attuale chiesa parrocchiale
Quiesa, chiesa dei SS. Stefano e Michele
Al centro del paese, che viene a disporsi a fianco di quello di Bozzano quasi come un unico e omogeneo insediamento urbano, si alza la chiesa dei SS. Stefano e Michele, di forma solenne, neoclassica, con la muratura in pietra grigia a vista. Costruita tra il 1840 e il 1880, è un edificio a crociera, ben ripartito nelle tre navate, nella soffusa luce che s’effonde dalla lanterna della cupola, posta all’incrocio con il transetto. Le decorazioni delle volte risalgono al secondo dopoguerra, terminate nella nuova consacrazione della chiesa avvenuta il 26 settembre 1955. Tra i suoi arredi figura un prezioso turibolo a castello, opera di Vincenzo Pellegrini, nella seconda metà del XVIII secolo. All’esterno, posto nell’area posteriore della chiesa e da questa separato, si alza il campanile costruito nel 1833 ma poi restaurato all’attuale forma nel 1930.
Poco distante dal centro, sempre lungo i primi tornanti della strada provinciale del monte Quiesa, quasi nascosta dalla vegetazione e dalle mura di recinzione si alza villa Spinola. Nata come palazzina agricola, edificata dalla famiglia Burlamacchi nella seconda metà del ‘600, ha nel tempo mutato questa sua destinazione per trasformarsi in ambiente residenziale. Si caratterizza per i multiformi e rigogliosi giardini e per la presenza di una sorgente che già il pittore tedesco Georg Christof Martini (1685-1745) nel suo Viaggio in Toscana, scritto nella prima metà del XVIII secolo, ricordava copiosa e cristallina. Questa disponibilità di acqua sorgiva aveva anche alimentato alcune manifatture sorte in prossimità della villa: una filatura e un brillatoio per il riso, coltivazione assai diffusa in quest’area del lago.
In una piazzola vicino alla chiesa si trova il monumento ai caduti della grande guerra, opera dello scultore pietrasantino Bruno Galeotti, inaugurata nel mese di maggio del 1926. Di notevole fattura stilistica presenta la Vittoria alata, che sorregge il corpo di un soldato. Il gruppo marmoreo posa su di un piedistallo quadrangolare con i lati sfaccettati che presentano alcune scene proprie della vita militare: l'addio alla famiglia sul lato anteriore, l'avanzata militare e la vita nella trincea nei due laterali, mentre nel lato posterore l'epigrafe commemorativa dei caduti nella prima e seconda guerra mondiale.
Quiesa, monumento ai caduti della grande guerra (Courtesy Creative Commons)
Ma lasciata questa parte del paese, e la storia che ancora la abita, e attraversata via Sarzanese per imboccare la strada che porta a Massaciuccoli, un altro paese piano piano si scopre, dove nuove e vecchie abitazioni convivono, sempre accompagnate da un angolo di giardino, a volte di un appezzamento di terreno usato per la coltivazione di ortaggi o di qualche albero da frutta. Poi sempre più rade isolate case, finché all’improvviso ci troviamo davanti al padule: i campi coperti di una scura terra, se siamo nella stagione invernale quando ancora il paesaggio è brullo, più terso che nelle altre stagioni e, almeno ai miei occhi, più bello. Feconda terra in attesa del verde e della fioritura primaverile; ora abitata da bianche gabbianelle nel loro lento procedere alla ricerca del cibo, nel quasi immoto e metafisico paesaggio.
Ci è segnale un vecchio e ampio edificio posto proprio di lato alla strada e ultimato nel 1841, ad avvertirci che siamo entrati nella zona propria del padule, La Brilla, edificio progettato per la pilatura del riso. Ultimo superstite di tale architettura oggi esistente in Toscana è divenuto proprietà del Comune di Massarosa e da questo concesso in gestione al Consorzio del Parco Naturale di Migliarino-San Rossore Massaciuccoli. “Monumento del lavoro bracciante nelle terre umide e memoria di tante tragedie silenziose” come scrive Piero Pierotti nella introduzione al volume di Sabrina Mariani, alla lavorazione del riso dedicato, La Brilla e le risaie di Massaciuccoli per Felici Editore, Pisa, 2008.
Quiesa, La Piaggetta, l'antico porto sul lago
Fu fatto costruire dal conte Carlo Minutoli-Tegrimi sopra le rovine di un vecchio casolare. Serviva alla pilatura e al ricovero del riso allora coltivato nelle risaie impiantate nei terreni paludigni intorno al lago. La Brilla è oggi al centro di un ampio progetto indirizzato al recupero del suo patrimonio storico, testimonianza di un’epoca e di una civiltà agricola, ora ripercorribile in una nuova realtà ambientale e museale. È stata recentemente riconvertita in uno spazio multifunzionale, sede di diverse manifestazioni ricreative e culturali. Oggi gli appuntamenti d’arte si sono fatti sporadici, ma nel loro insieme vengono comunque ad affermare la vocazione artistica di questi territori: capitolo tutto da scrivere questo della straordinaria proliferazione di voci artistiche che sulle sponde del lago, occasionalmente o stabilmente hanno vissuto: Puccini e la cerchia dei pittori raccolti nel Club della Bohème, Annigoni, lo scrittore Antonio Tabucchi, per citare i più famosi, quindi Serafino Beconi, Michele Marcucci, Virginio Bianchi, Vasco Giannini, lo stesso Giuseppe Giannini qui a Quiesa.
Passando di lato alla Brilla e continuando dritti, invece di svoltare per l’ampia curva che gira a sinistra indirizzandoci per Massaciuccoli, proseguiamo per una dritta e stretta viuzza, accompagnata su di un lato da una lunga fila di maestosi platani che a un certo punto vengono a essere sostituiti da capanni in lamiera, uno a fianco dell’altro, usati per il rimessaggio dei barchini da palude. Inconfondibile segno del nostro arrivo sulle sponde del lago di Massaciuccoli dove troviamo, a sua guardia e sentinella, la Piaggetta, l’antico porticciolo usato dalla Repubblica di Lucca, e dalle altre comunità limitrofe che sul lago si affacciavano, come scalo di merci che qui transitavano tra la marina di Viareggio e Lucca, o verso gli altri paesi dell’interno.
«Il grande canale che conduce al mare le acque dei paduli e del lago di Maciuccoli, serve al tempo stesso di approdo, come a Fiumicino, ma per il suo scarso pescaggio vi possono entrare solo le feluche o i navicelli. Le navi più grandi si tengono al largo davanti al porto,[Viareggio] pronte a ritirarsi in luogo più sicuro se il tempo si mette al brutto. Quando il tempo è buono le merci vengono scaricate dalle navi più grandi, e trasportate ai magazzini attraverso il canale con piccole barche e poi su di esse risalgono il canale chiamato la Burlamacca, fino al lago di Maciuccoli e vengono scaricate nel grosso deposito detto alla Piaggetta. Di qui per le restanti sette miglia vengono condotte a Lucca a soma o con carri attraverso il Monte di Chiesa. Per tale via si importano il grano e altri cereali, riso e simili, che il piccolo territorio lucchese non produce a sufficienza per l'alimentazione dei suoi abitanti». Georg Christof Martini (1685-1745) Viaggio in Toscana.
Quiesa. Villa-fattoria Minutoli alla fine del XIX secolo. Poi ristrutturata in Villa Ginori
Qui, appena arrivati e scesi d’auto, ci saluta una famigliola di gatti, fissandoci incuriositi e circospetti, con la loro voglia di venirci incontro e il timore di ricevere una brutta accoglienza. Poco lontano, in uno specchio d’acqua tra i canneti, quattro bianche oche, una dietro l’altra, procedono indifferenti nei lenti movimenti. Davanti a noi l’ingresso al parco di villa Ginori, dove si alzano ciuffi di palme e altre specie esotiche che hanno fatto di questo giardino un ambiente raro e suggestivo, tra i più spettacolari di tal genere presenti nella Toscana settentrionale.
L’antico edificio, che si costituiva agli inizi del ‘700 all’interno di un casale affiancato da modeste abitazioni di pescatori e alcune strutture necessarie al funzionamento di un porticciolo sul lago, quali un deposito merci o lo stoccaggio dei pesci, si era sostituito a un altro, collocato alcune centinaia di metri più a monte lungo via Della Piaggetta allo sbocco del fosso Burlamacca e ancora presente in alcuni terrilogi del XVII secolo sotto il nome di Antica Piaggetta. Dopo alcune ristrutturazioni, compiute nel passaggio delle diverse proprietà, e il definitivo rifacimento ultimato nel 1902 dal marchese Carlo Ginori Lisci vede la luce l’attuale villa Ginori abitazione rappresentante di quello stile toscano neogotico che ha caratterizzato tante costruzioni, sorte, o ristrutturate, all’inizio del XX secolo. La collega al lago un canale costeggiato da palme di vario tipo, attraverso un suggestivo giardino esotico ricavato dall’interramento di una parte del lago.
Quiesa, villa Ginori, l'imbarcadero e il canale artificiale che conduce al lago
Ora ai lati di villa Ginori – per grazia divina rimasta immutata negli arredamenti e nelle disposizioni architettoniche a quei primi decenni del secolo scorso che ancora la illuminano – s’allungano i canali, e le strisce dei canneti e dei falaschi, scandite da radi pali ai quali si fissano le reti delle bilance. Girandoci e posando lo sguardo alla parte opposta al lago, la striscia delle colline si presenterà nella sua modulata armonia: i rossi tetti o le chiare forme delle case che si intravedono tra gli infiniti verdi dei boschi, con il bianco lungo collo dei campanili a guardare fin quaggiù.
Dell’origine del nome di Quiesa, tra le diverse voci a riguardo sorte, lasciamo che a parlarcene sia Attilio Zuccagni-Orlandini in Corografia fisica, storica e statistica dell’ Italia e delle sue isole pubblicato nel 1845: «Il nome di quel monte, comune anche al villaggio che siede al suo piè nel lato di mezzodì, è alterazione di Chiesa. Narrando infatti Giov. Targioni, che per due volte, in anni diversi, erasi trattenuto nell’umile osteria ivi posta, adopra ripetutamente il nome di Chiesa, mai quello di Quiesa; ed avvertasi che quel distintivo generico fu dato in Toscana a varie borgate e casali.». Del resto “Arse Massaciuccoli, Aquilata, Chiesa e Bozzano” scrive, menzionando queste piccole comunità e la distruzione del castello di Aquilata nella lunga guerra tra guelfi e ghibellini toscani, Aldo Manuzio in un libro dedicato alle gesta di Castruccio Castracani: Le azioni di Castruccio Castracane degli Antelminelli, signore di Lucca, edito nel 1843 presso la tipografia Luigi Guidotti di Lucca.
Da "Il lago di Massaciuccoli e le terre umide", testi di Arturo Lini, fotografie di Amerigo Pelosini, Caleidoscopio editore, Massarosa (LU), 2008. Vietata ogni riproduzione, distribuzione o altro uso dell'intero testo o sue parti, salvo il diritto di citazione.