La pesca

«La pesca del Lago di Massaciuccoli mantiene altresì molte famiglie ed il governo ne ritrae un vistoso provento anche se assai maggiore è il numero dei marinai ed il lucro che ne ritrae il Principe da quella più copiosa che ottengono i pescatori del mare di Viareggio».
Emanuele Repetti, Dizionario storico geografico e fisico della Toscana, Firenze, 1846

Fin dall'antichità laghi e paludi avevano animato ristrette e locali attività ed economie che si basavano sull'esercizio della pesca. Già nel Medioevo e fino al XVIII secolo la pesca di acqua dolce aveva un'importanza e un rilievo pari se non superiore a quella marina, regolamentata in numerosi atti che ne prescrivevano regole e modalità, attive in determinati periodi dell'anno e sorte a favorire il mantenimento del patrimonio ittico. Il pesce d'acqua dolce, considerato alimento di pregio, era oggetto di un florido commercio favorito in questo aspetto anche dalle numerose festività e pratiche religiose che ne richiedevano e aumentavano il consumo, tanto da divenire spesso oggetto di contesa e lite tra le varie comunità che si affacciavano agli specchi d'acqua, ognuna reclamando particolari diritti sulle aree di pesca.

Nel territorio lucchese peschiere sorgevano sul lago di Massaciuccoli, su quello di Porta, a Motrone, e sul lago di Bientina le cui acque erano divise tra Lucca e Firenze. Sulle acque di Massaciuccoli la pesca, intrapresa come una vera e propria occupazione, era un'attività diffusa. I primi documenti che attestano una qualche forma di attività all’interno del lago risalgono all’anno 847: un elenco di alcuni tributi sotto forma di pesci cubitali (della lunghezza quindi di un cubito pari a 45-60 centimetri) dovuti ogni venerdì dagli abitanti di Massaciuccoli ai prelati lucchesi. In un altro documento, promulgato verso la fine del XV secolo, si proibisce la pesca nel lago di Massaciuccoli, unitamente agli altri laghi della Repubblica Lucchese. Decreto probabilmente emesso per qualche straordinaria motivazione, dal carattere provvisorio, tanto che la pesca di lucci e tinche, il pesce in quelle acque più pregiato, viene in breve tempo ripresa, sempre accompagnata da regolamentazioni che ne vietavano la pesca durante i tempi della riproduzione.


  Lago di Massaciuccoli - Pesca col tramaglio

Nel XVI secolo, i tentativi di bonifica dei terreni paludigni intrapresi dall’ingegnere fiammingo Guglielmo Raet De Bolbuc nell’anno 1577, provocarono le proteste del vescovo di Lucca Alessandro Guidiccioni, membro della omonima famiglia proprietaria del lago, timorosa che i lavori del fiammingo recassero danno alla pescosità del lago e quindi ai propri introiti. Dal XVII secolo si fanno poi frequenti le notizie di liti e dispute tra governi lucchesi e fiorentini per attività di pesca, come del resto di caccia, praticate sul lago.
«La pesca del Lago di Massaciuccoli mantiene altresì molte famiglie ed il governo ne ritrae un vistoso provento» scrive Emanuele Repetti, nei primi decenni del XIX secolo sul suo Dizionario Geografico, precisando poi che «assai maggiore è il numero dei marinai ed il lucro che ne ritrae il Principe da quella più copiosa che ottengono i pescatori del mare di Viareggio».

E Tommaso Ghilarducci nel suo Considerazioni intorno alla proscrizione delle risaie nel Lucchese, stampato in Lucca presso la tipografia Giusti nel 1848 così descrive La Piaggetta di Quiesa «Dal Molinaccio seguitando il corso delle acque del rio di Quiesa (rivolti a ponente) si trova la Piaggetta, che è un piccolo casolare di pescatori sulla sponda del lago, intorno al quale si allargano immense lande paludigne.» Anche Lorenzo Viani, nel suo Il cipresso e la vite pubblicato da Vallecchi nel 1943, ci dà una conferma, seppur indiretta, della commercializzazione del pesce di lago, tornando con la memoria ai suoi anni giovanili quando Puccini saliva al suo studio a Torre del Lago, posto proprio di fronte alla casa del Maestro.
«[...] quel che lo spingeva su per le scale pericolanti era il desiderio di rivivere alcune scene de La Bohème. Fin da quel tempo la capanna di Gamba di merlo era stata rasa al suolo e su quel terreno c'incassavano l'anguille pescate nel lago per spedirle fuori. Dalle fronde dei gelsi, là nel fondo, facevano già civetta delle casette bianche, e il campanile cresceva a vista d'occhio. Il paese, interdetto dai tiri del Balipedio dalla parte del mare, avanzava verso il lago, accerchiava la casa del Maestro, ed egli saliva, a cercare un ricordo di bohème, le scale a pioli»


 Lago di Massaciuccoli - Pesca notturna "al foone"

Alla metà del XX secolo le notizie più precise sullo stato della pesca nel lago di Massaciuccoli ci vengono da Luigi Pedreschi nel suo miliare Il lago di Massaciuccoli e il suo territorio pubblicato in Roma nel 1956: «Attualmente si pescano, come si è detto, anguille, lucci, tinche cefali, e in misura minore, a causa della voracità dei lucci, carpe (...) In conclusione proviene dal lago di Massaciuccoli, in media, il 70-75% del pesce pescato nei laghi della Toscana e l’1-1,5% di quello pescato nei laghi di tutta Italia, per un valore pari a un settantesimo circa di quello nazionale. Si tratta, come si vede, di pesce di alto pregio alimentare ed economico. Il pesce raccolto dai pescatori di professione (la regione è frequentata anche da molti appassionati di pesca sportiva) viene tuttora, per lo più, concentrato al Porto della Piaggetta e di qui smistato ai vari centri di consumo, cioè Lucca innanzitutto, e poi i paesi vicini al lago (specialmente Massarosa e Quiesa) e Viareggio. Le anguille vengono spedite in gran copia nell’Italia settentrionale». Di questi commerci abbiamo anche la testimonianza del nostro nocchiere, tanto è preziosa la sua guida all’interno di queste acque, cioè di Rino Lencioni che ci ha più volte raccontato fatti e aneddoti della pesca nel periodo d’oro del lago: quando lungo la strada che a Quiesa scende dall’omonimo monte erano state disposte alcune vasche sfruttando le acque del torrentello che l’accompagna. In queste vasche veniva portato il pesce pescato nella giornata, spesso ancora vivo come nel caso di anguille e tinche, in attesa di alcuni commercianti che venivano ad acquistarlo. Ne ricorda uno che compiva il viaggio da Pistoia in motocarrozzetta, con il sidecar al ritorno pieno di pesce. 


Lago di Massaciuccoli, una moderna bilancia da pesca

Tra le diverse modalità, nelle quali nel tempo si è praticata fino ai giorni nostri la pesca, quella alla bilancia, o 'al retone' se ci si trova nelle acque di Vecchiano, è la più caratteristica e redditizia: costituita da una rete quadra collegata — attraverso una fune che scorre su carrucole fissate ad alcuni pali alzati davanti al capanno da pesca — ad un argano azionato periodicamente per sollevare la rete dall’acqua. Ed è anche quella che più ha segnato l'aspetto del lago, quasi a fare delle variopinte costruzioni un elemento costante, che il tempo, levigandone i colori, ha reso quasi elemento naturale del paesaggio.

Esiste poi un tipo di pesca con la rete, oggi raramente praticata, progenitrice dell’attuale bilancia. Quella effettuata dalla barca con la tradizionale 'bilancina', una rete di ridotte dimensioni fissata a una lunga pertica, di bambù o legno ieri, in materiali leggerissimi e telescopica oggi, che ne permetteva il movimento nelle acque. Si seguiva il pesce, le sue probabili rotte, cercando di indovinarne gli spostamenti, i luoghi più frequentati. Ci sono alcuni disegni dello scienziato e botanico bolognese Luigi Ferdinando Marsili, eseguiti tra il 1720 e il 1728 nelle paludi emiliane, assai simili alle nostre del Massaciuccoli,  che ne documentano l'uso: una rete di modeste dimensioni fissata ad una struttura a croce che una pertica, in canna di bambù o legno, permetteva di immergere e quindi sollevare dall'acqua.  


 Il piazzale, a volte balcone, di una bilancia, con l'argano per il movimento della rete

Ma c'erano diversi altri tipi di pesca, tra i quali quella 'a mazzacola', cioè a mazzacchera: una lenza per la pesca delle anguille praticata nelle acque torbide per qualche recente piovasco, con un vecchio ombrello rovesciato ad accogliere le anguille che abboccavano ai lombrichi infilati uno dietro l’altro all’altra estremità della lenza calata in acqua. Il 'bertibello' rete di forma conica fissata intorno a cerchi oggi di plastica. Una specie di imbuto steso orizzontalmente e composto di elementi sempre più piccoli in modo che il pesce vi potesse entrare con facilità, senza poi riuscire a venirne fuori. Lo 'strascino' per pescare i lucci attratti da un’esca metallica, che simulava l’aspetto e il movimento di un piccolo pesce, collegata ad una lunga lenza fissata a un barchino, od a alcune canne su quello sistemate e trascinata nell’acqua del lago. Pesca che poi l’uso del mulinello ha permesso anche dalla riva. La sua efficienza dipendeva dal movimento, se simile o meno all’andare di un pesce, che si riusciva a dare all’esca.


 Il bertibello o bertuello

Il tramaglio, un particolare sistema di pesca condotto con tre reti di diversa magliatura, che poteva raggiungere anche la lunghezza di dieci metri. Ancorate sul fondo venivano stese una a ridosso dell'altra in un canale o all’interno del lago, a mo’ di barriera, verso la quale si cercava di indirizzare i pesci che vi rimanevano impigliati. Metodo di pesca contro il quale già abbiamo visto pronunciarsi i diversi governi della Repubblica di Lucca prima, come le diverse regolamentazioni dello Stato poi, proibendone, quasi sempre entrambe disattese, la pratica. Ma la regina delle pratiche illegali è la pesca con la fiocina. Condotta durante la notte, dal barchino che lentamente scivolava tra i canali illuminando le acque con una luce artificiale, il 'foone' appunto, nome che sul lago prende tale pratica: una lampada ad acetilene, detta anche a carburo, che incendiandosi produceva una piccola luminosa fiamma la cui luce veniva orientata, rinvigorita da una superficie riflettente, sulle acque del lago alla ricerca della preda.

I destinatari di tante ingegnose pratiche erano tinche, anguille, carpe, lucci la cui pesca nei mesi di ottobre e novembre era particolarmente redditizia, tanto da richiedere a volte la permanenza alla bilancia per interi giorni. Ma anche le 'scalbatre', i 'crognoli', i piccoli muggini, quando risalivano dal Burlamacca favoriti dalla presenza nel lago di acque salmastre. Tecniche e modi ancora in uso, nonostante l'introduzione di nuovi materiali per lenze e reti, dove naturalmente non siano vietate dalla legge. In questi ultimi tempi si sta diffondendo sul lago, in sintonia con quanto avviene un po' dovunque, un particolare tipo di pesca sportiva che prevede la liberazione del pesce catturato, favorendone quindi la sopravvivenza. Pratica davvero encomiabile questa che concilia l’amore e la passione per uno sport antico quanto l’uomo a una moderna sensibilità fatta di rispetto e attenzioni per la natura.

Da "Il lago di Massaciuccoli e le terre umide", testi di Arturo Lini, fotografie di Amerigo Pelosini, Caleidoscopio editore, Massarosa (LU), 2008. Vietata ogni riproduzione, distribuzione o altro uso dell'intero testo o sue parti, salvo il diritto di citazione.