Le bonifiche romane

Le bonifiche romane

 

Anche i romani s'adoperarono a opere di bonifica. Vaste e importanti, come quelle attribuite a L. Papirio, da alcuni identificato in un funzionario della Roma imperiale, vissuto molto probabilmente a Lucca o a Pisa, a cui si devono le Fosse Papiriane, un insieme di opere idrauliche costituite da un reticolo di fosse condotte dalle paludi interne versiliesi alla costa marina, utili al deflusso in mare delle acque piovani e stagnanti, impedite al loro normale scorrere dalla depressione dei terreni e da un cordone di dune e tomboli venutosi nei tempi preistorici a formare, nel lento moto delle acque e delle correnti.

Opere queste necessarie, oltre al risanamento del territorio, anche alla manutenzione delle vie terrestri e marine, destinate ai commerci e agli spostamenti di truppe ed eserciti che qui, provenienti da Roma o da Pisa, transitavano verso Luni e le zone nord-occidentali della penisola, nonchè alla piena funzionalità di alcuni scali interni alle acque del Lago di Massaciuccoli.

L'antico porto di Motrone

 

Tramontato l'impero romano, dopo il susseguirsi delle invasioni barbariche con la loro scia di devastazioni e distruzioni di tutto quello che la civiltà romana aveva progettato ed edificato, bisogna risalire all'epoca medievale per trovare notizia di un porto attivo lungo il territotrio versiliese: è il porto di Motrone del quale abbiamo prime notizie intorno all'anno mille. Era situato alla foce dell'antico fiume Sala, posta ad alcuni chilometri dalla cittadina di Pietrasanta.

La sua attività era protetta da un fortino militare che ospitava una modesta guarnigione qui inviata dalla Repubblica di Lucca alla quale apparteneva quello scalo marittimo, usato anche dalla Signoria fiorentina, che evitava ai governi lucchesi l'obbligo di usare quello pisano, con il suo balzello di dazi e dogane.

 

Serviva da scalo alle navigazioni costiere tra Marsiglia, Genova, Piombino, Roma: almeno a imbarcazioni leggere, fino ai trenta metri di lunghezza. Ogni anno andavano e venivano a quell'approdo circa 150 navi, che attraccavano in prossimità della riva, mostrando in questo movimento una discreta vitalità, anche considerando la moltitudine delle barche più piccole che lo frequentavano. Rimase in attività fino ai primi decenni del XVI secolo, quando divenuto proprietà dei Medici fu da questi - che già disponevano dello scalo pisano - progressivamente abbandonato, lasciandolo esposto all'inevitabile interramento che ne segnò il definitivo tramonto.