La flora

Le aree umide superstiti, alle quali il lago appartiene, sono oggi spazi naturali, a tratti ancora selvaggi, autentiche oasi ambientali nell'indistinto e spesso monotono paesaggio della pianura: gli ultimi luoghi, se non addirittura rifugi, capaci di ospitare comunità ricche in termini di biodiversità.  Il mantenimento di questi delicati equilibri ecologi­ci, frutto di processi di selezione naturale avvenuti nello scorrere di milioni di anni, è di fondamentale importanza, in termini di sopravvivenza, per la vita animale e vegetale e più in generale per la stessa popola­zione umana.

Il lago di Massaciuccoli, con i suoi canali e fossi e le sue paludi circostanti, forma un'area umida abitata e caratterizzata da una ricca varietà floreale che non ha pari in Toscana: ampie distese di cannucce (Phragmites australis) e di falasco (Cladium mariscus) che il vento smuove come ondeggianti e delicate partiture di una magica danza. Questa rigogliosa vegetazione, i cui tenui colori si fondono a quelli delle acque in un soffuso e gigantesco pastello, si impreziosisce poi della presenza di alcune autentiche rarità botaniche, tra le quali, volendo ora ricordarne qualcuna, si distingue la periploca (Periploca graeca) una rara liana il cui fusto legnoso può raggiungere l'altezza di diversi metri, con i delicati fiori del diametro di circa 2 centimetri di colore purpureo e verdi nella parte inferiore.

L'orchidea palustre (Orchis palustris) che colora i canneti delle sue fioriture primaverili, e l'ibisco rosa (Hibiscus palustris) pianta oggi divenuta rarissima – in Italia è possibile osservarla nella palude di Massaciuccoli e nel bosco del Palazzetto a San Rossore – caratterizzata per lo splendore dei grandi e vistosi fiori, e oggi indicata come specie vulnerabile, inserita nel libro rosso delle piante d'Italia in pericolo di estinzione, dalla Union International pour la Conservation de la Nature (UICN)


Il centro del lago è rappresentato dalla distesa delle sue acque delimitata da una serie di lembi palustri e isole galleggianti: gli aggallati che occupano il margine ovest del padule, sulle cui superfici fioriscono straordinarie associazioni vegetali. Queste oasi erano un ideale rifugio per la lontra (Lutra lutra), il piccolo mammifero esperto nuotatore nonché grande cacciatore di pesci, presente in queste acque fino a qualche decina di anni fa.
La conservazione di molte di queste entità è stata favorita anche dal permanere della sfagneta, colonia per­fettamente adattata alla vita su suoli acidi carenti di sostanze nutritive. Più o meno estesa è formata da muschi del genere Sfagno, tipica delle regioni a clima temperato-freddo, tanto che la sua presenza in queste zone è dovuta alla persistenza di particolarissime condizioni che ne hanno permesso la sopravvivenza, fin dalla sua formazione avvenuta durante l'era glaciale.

Il suo suolo è sempre intriso d'acqua, dando origine a depositi di torba e a un fenomeno di inversione termica che genera particolari e favorevoli condizioni climatiche. Piccolo e mobile giardino botanico dove troveremo vegetazioni diverse e particolari: come la felce florida (Osmunda regalis) il cui nome deriva da una divinità nordica. È la più grande tra le felci italiane potendo estendere le fronde anche a 150 centimetri di altezza. Vero e proprio fossile vivente la sua sopravvivenza è particolarmente legata alla presenza di substrati ricchi d'acqua. 

Ma anche la felce palustre (Thelypteris palustris); oppure la rosolida (Drosera rotundifolia) una minuta pianticella che per soddisfare il suo fabbisogno di azoto diventa carnivora, con foglie a forma di cucchiaio munite, sulla pagina superiore, di piccoli tentacoli, terminanti in una papilla globosa e appiccicante utilizzata per catturare piccole prede animali.
Poi la rincospora (Rhynchospora alba) con le foglie allungate, dai fiori raccolti in spighette biancastre, che ha il suo habitat nelle torbiere acide plaziali e collinari. Pianta presente nella lista delle piante minacciate di estinzione, e rara anche nel bacino di Massaciuccoli.

L'erba vescica (Utricularia australis) il cui nome viene dalla particolare morfologia delle sue foglie provviste di una lamina segmentata e ricca di numerose vescicole utilizzate dalla pianta sia per galleggiare a pelo d'acqua sia per catturare microrganismi presenti nelle acque, al fine di integrare il fabbisogno di azoto. Si tratta di una specie ormai dovunque divenuta rara. Concluderemo ricordando il centochio di padule (Anagallis tenella), altra preziosità propria degli sfagni, di piccole dimensioni con fusti esili e striscianti e con i minuscoli fiori cerulei. È considerata, nella nostra regione come nel resto d'Italia, una specie a rischio.

Anche i “cestoni” sono elementi caratteristici all'interno dello spazio lacustre: mobili parti di canneto, anche abbastanza grandi, separati dalla sponda, in particola modo per l'azione dei forti venti di tramontana, e da questi portati sulle acque del lago. Nel passato venivano ancorati al fondo per mezzo di lunghi pali di castagno: vere e proprie isole galleggianti che scivolano sul verde-blu dell'acqua. Intorno si allungano poi i canali nel loro lento scorrimento, i fossi, gli stagni punteggiati dalla presenza delle piante acquatiche, il lamineto formato da un insieme di piante idrofite sommerse o galleggianti, con le radici fissate al fondo oppure mobili nelle acque dove assorbono i nutrienti.

Una delle piante più caratteristiche e diffuse di questo ambiente è la lenticchia d'acqua (Lemna minor) anche detta "erba paperina", che spesso ricopre completamente lo specchio d'acqua facendolo diventare un verde prato dove passeggiano le rane verdi (Rana esculenta) e attraversano le innocue innocue bisce dal collare (Natrix natrix).
Tra questi elementi si aprono i "chiari", specchi d'acqua bassa e artificiali, ottenuti dalla falciatura della vegetazione a fine estate, prima che la zona si allaghi di nuovo, e caratterizzati dalla limpidezza delle acque filtrate dai canneti intorno, che agevola la crescita della vegetazione sommersa. Luogo privilegiato ed essenziale per l'alimentazione di molti uccelli migratori.

I canneti, che si affacciano fino ai bordi e alle sponde del lago, sono una entità vegetale molto aggressiva che tende a ostacolare lo sviluppo e la diffusione di altre piante igrofile. Ambiente idea­le per la nidificazione di varie specie orni­tiche fra cui la folaga (Fulica atra), la gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), e alcuni ardeidi quali l'airone rosso (Ardea purpu­rea), il tarabuso (Botaurus stellaris) e il tarabusino (Ixobrychus minutus). 
Lungo i canali si alzano a volte brevi file di salici: il salice bianco (Salix alba), pianta che può raggiungere anche i quindici metri di altezza e così chiamato per le foglie setose che riflettono la luce, e il salicone, o vetrice (Salix cinerea), più modesto nelle dimensioni e una volta utilizzato per nascondere gli appostamenti fissi da caccia.

A volte, navigando tra questi canali si incontrano aree popolate di candide ninfee (Nymphæa alba). Radicate al fondo posano sulla superficie d'acqua come in un quadro di Monet. Il nome deriva da una ninfa, la divinità femminile minore abitatrice dei boschi e delle acque, protagonista, in ogni tradizione, di storie e leggende a lei dedicate. In una di queste si narra che si trasformò in fiore per amore del suo amato Raggio di Sole. Di lei rimase una foglia a forma di cuore, con dei fiori bianchi che racchiudevano nell'interno l'oro che la ninfa era scesa a cogliere, sul fondo dello stagno, per mostrarlo e donarlo al suo amato, e il cui peso gli aveva poi impedito di tornare alla superficie e quindi alla vita. Di giorno i fiori si aprivano per mostrare il loro tesoro, di notte si chiudevano per custodire l'oro, fino all'alba del giorno seguente, quando ancora a lei sarebbe tornato Raggio di Sole.  

Arturo Lini, da "Il lago di Massaciuccoli", A. Lini - A. Pelosini, Caleidoscopio, Massarosa, 2008.